Sull'origine del toponimo di Mussomeli i
geografi e gli storici del passato non si sono trovati d'accordo fra di loro.
Infatti, mentre il Fazello ne fece derivare il nome dal monte Mele sul quale
sarebbe sorto il paese (Mons Mellis: Monte di Miele, da cui Mussomeli).
Il Cluverio sostenne che Mussomeli fosse uno dei monti Gemelli, e precisamente
il monte Marone, ove, a detta di Plinio, si ripercuoteva il fragore assordante
dell'Etna e dove, secondo il Maurolico, sorgeva il Monastero di Santa Maria del
Parto.
Il Cluverio pensò che la voce Monte Melle (da cui Mussomeli) fosse una
contrazione di Monte Gemello, ma evidentemente sia la prima che la seconda
ipotesi non hanno riscontri obiettivi nella realtà dei fatti e si dimostrano
frutto di fantasia.
Ma più che l'origine del nome è importante stabilire quando la terra di
Mussomeli cominciò ad essere abitata, quando cominciò a determinarsi il primo
nucleo abitato, dal quale, in seguito, sarebbe sorto il paese.
Il territorio di Mussomeli era abitato, fin dall'antichità, da popolazioni
indigene, come dimostrano le tombe scavate nella roccia che è possibile vedere
in alcune zone intorno al paese.
A Polizzello si possono vedere numerose grotte, che per la loro forma e la loro
dimensione sono dette a forno.
Questi sepolcri richiamano alla mente altri sepolcri simili presenti in altre
zone della Sicilia, come la necropoli di Gibil-Abib, vicino Caltanissetta.
In contrada raffe è possibile cogliere la testimonianza di forme di civiltà
successive, risalenti al periodo della penetrazione nell'interno della Sicilia
dei Greci di Agrigento e al tempo in cui i Romani dominarono sull'isola.
Il ricco materiale archeologico della contrada non ha mai conosciuto la strada
dei musei, ma spesso è stato oggetto di speculazione da parte di tombaroli
clandestini, che hanno sistematicamente messo a soqquadro la zona asportando
tutto quello che c'era da portare via.
I primi abitanti di Mussomeli furono dei pacifici agricoltori, che si
preoccupavano esclusivamente della coltivazione della terra incuranti degli
avvenimenti politici e militari che interessavano la Sicilia.
Il villaggio, (ancora non è possibile parlare di paese vero e proprio), non
aveva particolare importanza strategica e quindi non fu teatro di azioni di
guerra, come la vicina fortezza di Sutera, che dovette lottare, resistere e
soccombere contro tutti i dominatori che nel tempo si avvicendarono in Sicilia.
Il primo documento ufficiale che per la prima volta riporta il nome della terra
di Mussomeli è un Diploma del Re Martino del 4 aprile 1392, con il quale il
feudo veniva assegnato a Raimondo Guglielmo Moncada, come ricompensa dei servigi
resi al Sovrano.
Ma il documento è importante anche perchè per la prima volta il castello e la
terra di Mussomeli vengono citati come feudo autonomo.
Durante la dominazione bizantina prima, quella musulmana e normanna dopo, la
terra di Mussomeli visse di riflesso le vicissitudini dei castelli di Castronovo,
di Cammarata e di Sutera.
Anche sotto la dominazione sveva, quella degli Angioini, nonchè durante la
guerra del Vespro, Mussomeli fu ancora un piccolo villaggio di contadini e di
pastori, che per loro fortuna non vennero coinvolti nelle numerose e frequenti
guerre che insanguinarono tanta parte di Sicilia.
Con l'affermarsi del periodo feudale il territorio di Mussomeli venne
incorporato nella signoria di Castronovo, che venne tenuta dalla famiglia dei
Doria fino alla morte di Corrado II° e del figlio Antonello. Signore di
Mussomeli divenne Pirrone di Talamanca, il quale aveva usurpato quelle terre.
Fra il 1364 e il 1367 Manfredi III° di Chiaramonte ottenne dal Re Federico, con
regolare privilegio, la signoria di Castronovo, e quindi anche la terra e il
piccolo paese di Mussomeli. Manfredi III°, divenuto signore di Mussomeli, iniziò
Ia costruzione del castello e ampliò il borgo vicino, favorendo l'espansione del
primitivo nucleo di abitazioni.
La terra venne allora chiamata Manfreda,in onore del suo signore che l'aveva
resa più importante. La testimonianza storica del nuovo appellativo dato alla
terra è contenuta in una lettera regia del 16 novembre 1374 e nel privilegio
regio del 4 gennaio 1375.
Nel 1374 il Re, accompagnato dalla Regina, dal Legato Apostolico, dallo stesso
Manfredi e da numerose persone del seguito, venne a Mussomeli e vi si fermò
alcuni giorni.
Manfredi, da buon anfitrione, ospitò il Re e il suo seguito nel maestoso
castello, che ha una struttura architettonica originale, per cui è considerato
uno dei più bei castelli di Sicilia.
Le realizzazioni volute da Manfredi Chiaramonte costituirono la premessa
essenziale per il progresso e lo sviluppo del paese che nei secoli successivi
divenne il punto di riferimento e il centro più importante della zona.
Alla morte di Manfredi il vastissimo patrimonio della famiglia Chiaramonte
pervenne nelle mani di Andrea, erroneamente creduto figlio di Manfredi il quale
non ebbe figli maschi.
Andrea continuò ad esercitare sull'isola la stessa influenza politica dei suoi
predecessori, prese parte attiva alla congiura dei baroni siciliani contro il Re
Martino e la Regina Maria, riunendo nel suo castello di Mussomeli i baroni
ribelli e partecipando con essi alla solenne riunione che venne tenuta nella
chiesetta campestre di S. Pietro, in territorio di Castronovo.
Alla riunione parteciparono i quattro vicari del Regno: Andrea Chiaramonte,
Guglielmo Peralta, Manfredi di Aragona e Antonio ventimiglia, nonchè diversi
nobili, quali il conte Enrico Ventimiglia, Bartolomeo e Federico D'Aragona,
Guglielmo Rosso e Blasco d' Aragona, barone di Monforte.
Ma all'arrivo in Sicilia del Re e della Regina, la maggior parte dei nobili
siciliani, compresi quelli che avevano preso parte alla congiura andarono
incontro al Sovrano a rendere gli omaggi dovuti, con l'evidente intento di poter
accrescere, con questo atto di sottomissione il loro potere e le loro proprietà,
Andrea Chiaramonte fu il solo a non piegarsi, determinato a resistere fino in
fondo.
Il Re, con privilegio del 4 aprile 1392, confiscò tutte le sue terre e le
assegnò a Guglielmo Raimondo Moncada conte d'Agosta, che divenne cosi conte di
Modica e di Malta, signore delle terre di Mussomeli, Naro, Delia, Sutera, Favara,
Misilmeri, ecc. Andrea frattanto si era recato a Palermo, preparato all'ultima
battaglia della sua vita.
Tradito e abbandonato dagli amici più fedeli, venne imprigionato con uno
stratagemma e condannato a morte.
Il 1° giugno 1392 la sentenza venne eseguita a Palermo nella Piazza Marina,
proprio dinanzi al palazzo dello Steri, che per tanti anni era stato il simbolo
della Potenza e della grandezza della famiglia Chiaramonte.
Guglielmo Raimondo Moncada era diventato nel frattempo uno degli uomini più
influenti del Regno e aveva ottenuto il titolo di Marchese, egli non venne mai a
Mussomeli a prendere possesso del Castello e delle terre, ma ne aveva affidato
l'amministrazione ad un castellano fidato, ma nel 1397 si fece coinvolgere in
una congiura contro il Re.
Morì nello stesso anno, dopo che venne
dichiarato pubblicamente traditore e ordinata la confisca di tutti i suoi beni.
Nel Parlamento di Catania del 1398 vennero dichiarati demaniali 47 luoghi della
Sicilia, assumendo la qualifica di città demaniali, tra queste città troviamo
Castronovo e Sutera.
La terra di Mussomeli, non essendo stata dichiarata demaniale, venne destinata a
vassallaggio. Per dieci anni Mussomeli e il suo castello furono sotto il dominio
di Giaimo de Prades, che il 27 giugno 1407, con atto del Notaio Lorenzo di Noto,
vendette la terra suddetta a Giovanni Castellar di Valenza per il prezzo di onze
980.
Intorno al 1430 divenne signore di Mussomeli Giovanni di Perapertusa, barone di
Favara, che secondo Vito Amico, era figlio di una sorella di Giovanni Castellar.
Nel 1451 il Perapertusa, dovette sostenere una lite con il fisco, che lo
obbligava a restituire al demanio regio le terre di Mussomeli.
Dopo aver perso la lite, però, Giovanni di Perapertusa ottenne dal Re Alfonso
l'autorizzazione a poterle riscattare dietro il pagamento della somma di 16.000
fiorini, di cui una parte incontanti e una parte dilazionata in rate.
Ma, sempre nel 1451, non potendo pagare quanto pattuito, fu costretto a vendere
la terra a Federico Ventimiglia.
Nel 1467 Pietro Del Campo, genero di Giovanni Perapertusa, riscattò i territori
che erano stati del suocero per la somma di 37.245 fiorini.
La baronia di Mussomeli, formata da 29 feudi, fu tenuta da Pietro Del Campo fino
al 1486, anno della sua morte.
I signori Del Campo furono proprietari di Mussomeli fino al 1548, quando con la
morte dell'ultimo barone Andreotta e a causa delle molte passività che gravavano
sulla baronia, cedettero la terra di Mussomeli a don Cesare Lanza barone di
Catania, che dal 1° Febbraio 1550 divenne ufficialmente barone di Mussomeli.
Gli successe don Ottavio Lanza, che nel 1557 prese l'investitura e il possesso
della terra, assumendo i titoli di conte di Mussomeli e barone di Trabia.
La famiglia Lanza tenne la terra di Mussomeli ininterrottamente fino al 1812,
anno in cui il Parlamento Siciliano gettava le basi della nuova costituzione,
con la quale veniva stabilita l'abolizione della feudalità e la trasformazione
della proprietà feudale, lasciando ai possessori solamente i titoli e le
onorificenze.
Da quando Mussomeli uscì dall'anonimato della storia per diventare un importante
baronia, la sua popolazione ha registrato un costante e progressivo aumento,
segno evidente di un corrispondente progresso economico e sociale.
Nel 1548 gli abitanti erano circa 5000 e, nel 1570, 5678. Nel 1584 si ebbe un
calo della popolazione, che scese a 5100 abitanti, a causa della terribile
pestilenza del 1577.
Nel 1715 vivevano a Mussomeli 6360 persone e 40 anni dopo venne superata la
soglia dei 700 abitanti.
Dopo il 1812 Mussomeli, come tanti altri comuni della Sicilia, visse le vicende
comuni della storia siciliana, che ha come importanti punti di riferimento le
date del 1820, 1848,1860.
Anche Mussomeli partecipò all'epopea risorgimentale, prendendo parte ai moti del
1820 e del 1848, e dando un contributo nel 1860 al moto garibaldino che liberò
la Sicilia dalla dominazione borbonica. Il 1893 fu l'anno dei Fasci dei
Lavoratori, ai quali aderirono anche i cittadini di Mussomeli, ma il sogno della
rivolta fu represso, segno evidente che i tempi non erano maturi per le riforme
sociali invocate dai lavoratori.
Il Castello Chiaramontano. Sorge alla periferia di Mussomeli su uno sperone di
roccia alto 80 metri dal piano campagna, fu fatto costruire da Manfredi III°
Chiaramonte nel 1370 sfruttando la conformazione della roccia che è a picco dal
lato Sud-Ovest mentre è accessibile dal Lato Nord-Est attraverso una strada a
gomito su una ripida scarpata.
Per la sua posizione, il castello doveva essere difeso soltanto dal lato
Nord-Est, infatti da questa parte soltanto esistono alte mura merlate, dentro
questo primo recinto si trova la scuderia semidistrutta con volta a botte e
direttrice ogivale.
Una seconda cinta muraria a forma di poligono irregolare di 7 lati posta ad
un'altezza di 2 metri dal piano circonda la parte abitata del castello, il lato
Sud-Ovest fortificato su quattro lati a strapiombo da un muro merlato di altezza
regolare su cui sono disposte delle bifore, racchiude i corpi residenziali che
poggiano su sotterranei e cisterne; mentre il lato Nord a tre facciate racchiude
la cappella e gli alloggi militari, sul portale d'accesso sono scolpiti tre
stemmi, due dei Castellar e il terzo posto in alto è dei Campo.
Oltrepassata la porta, si accede alla sala detta dei "Baroni" dove nel 1391 si
tenne la riunione che Manfredi promosse per l'indipendenza della Sicilia.
Dalla sala del baroni si arriva alla saletta delle "tre donne" dove, secondo
un'antica leggenda, sono state murate le tre sorelle del barone partito per la
guerra e dallo stesso trovate morte di fame al suo ritorno.
Dalla stanza delle tre donne si passa alla sala detta del "camino" con volta a
crociera e ad un'altra sala identica a quest'ultima; attraverso un passaggio si
arriva quindi ad una delle torrette semicircolari.
Proseguendo verso Nord si trova la cappella con un bel portale gotico e divisa
da una doppia volta a crociera.